Nuovo Codice degli Appalti Pubblici: centralizzazione delle committenze e qualificazione delle Stazioni Appaltanti

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Leggi il primo e il secondo articolo.

Sono trascorsi alcuni anni da quando si è affacciata in Italia, per la prima volta, l’idea di poter ridurre la spesa pubblica attraverso un processo di razionalizzazione delle Stazioni Appaltanti e di accentramento della gestione degli acquisti, ritenendo così di poter eliminare taluni costi inutili connessi alla frammentazione della fase procedimentale.

Quel cammino, avviato con il D.L. 201/2011, proseguito con il D.L. 66/2014 e con la L. 114/2014 e culminato con la Legge di Stabilità 2016, è stato caratterizzato da luci ed ombre importanti e da indiscutibili criticità legate alle ricadute operative e oggi si imbatte nell’intento di centralizzazione perseguito dal nuovo Codice degli Appalti, un intento di più ampio respiro rispetto al passato.

Il D.Lgs. 50/2016 torna con forza sul concetto di aggregazione e centralizzazione delle committenze intessendo una relazione a doppio filo con l’altro fondamentale concetto di qualificazione delle stazioni appaltanti.

Meno stazioni appaltanti più qualità, efficienza e professionalizzazione (i.e. qualificazione) delle stesse.

Questo sarebbe il punto d’arrivo, ma procediamo con ordine.

L’articolo 3, lett. o) del D.lgs. 50/2016 definisce “Stazioni Appaltanti”:

  • le amministrazioni aggiudicatrici di cui alla lett. a) ossia le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico, le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti;
  • gli enti aggiudicatori di cui alla lettera e) ossia le amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche che svolgono una delle attività di cui agli articoli da 115 a 121 o gli enti che pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici né imprese pubbliche, esercitano uno o più delle attività tra quelle di cui agli articoli da 115 a 121 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente ovvero – per la parte III del codice – gli enti che svolgono una delle attività di cui all’allegato 2;
  • i soggetti aggiudicatori di cui alla lettera f) ossia (ai soli fini della normativa sul Partenariato Pubblico Privato e su Infrastrutture e Insediamenti Prioritari) le amministrazioni aggiudicatrici di cui alla lettera a), gli enti di cui alla lettera e) nonché i diversi soggetti pubblici o privati assegnatari dei fondi;
  • gli altri soggetti aggiudicatori di cui alla lettera g) ossia i soggetti privati tenuti all’osservanza delle disposizioni del presente codice.

Dall’Aprile 2016 le Stazioni Appaltanti, esclusi gli enti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici e svolgono una delle attività previste dagli artt. 115-121, hanno la possibilità di procedere direttamente e autonomamente all’acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro.

Per acquisti di importo superiore è necessaria la qualificazione di cui all’art. 38 e si procede mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione, ove la Stazione Appaltante non sia qualificata deve ricorrere ad una centrale di committenza ovvero ad un’aggregazione con una o più stazioni appaltanti aventi la necessaria qualifica. In ogni caso se la Stazione Appaltante è un comune non capoluogo di provincia procede ricorrendo ad una centrale di committenza/soggetti aggregatori qualificati ovvero a unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza o associandosi o consorziandosi in centrali di committenza ovvero, ancora, ricorrendo alla SUA costituita ai sensi della L. 56/2014.

Trascurando in questa sede un approfondimento in ordine al coordinamento con la precedete normativa sulla Centrale Unica di Committenza, se l’art. 37 chiarisce, in termini di aggregazione e centralizzazione degli appalti, quale sia il limite posto all’autonomia di gestione delle singole Stazioni Appaltanti, l’art. 38 disciplina il sistema di qualificazione delle medesime.

Il Codice parla di “criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione”, prevede che la qualificazione faccia riferimento alla “capacità di programmazione e progettazione, capacità di affidamento e capacità di verifica sull’esecuzione e controllo dell’intera procedura, ivi incluso il collaudo e la messa in opera” ed individua, al comma 4 dell’art. 38, i requisiti di base (lett. a) e i requisiti premianti (lett. b) di cui tener conto.

Quanto ai requisiti di base affinché la Stazione Appaltante possa qualificarsi spicca senz’altro il concetto di struttura organizzativa stabile, competente e formata; quanto invece ai premianti deve evidenziarsi la “valutazione positiva dell’ANAC, in ordine all’attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità”, oltre alla presenza di sistemi di gestione della qualità conformi alla UNI EN ISO 9001, ad un ridotto livello di soccombenza nel contenzioso, alla disponibilità di tecnologie telematiche e all’applicazione di criteri di sostenibilità ambientale.

E proprio a proposito di questa esplicita valutazione delle Stazioni Appaltanti in termini di prevenzione del rischio di corruzione e promozione della legalità vi è di più. Lo Schema di Decreto Correttivo al Codice degli Appalti, giunto in questi giorni sul tavolo del Consiglio dei Ministri, propone di inserire un ulteriore requisito premiante: “presenza di sistema di gestione per la prevenzione della corruzione conformi alla norma UNI ISO 37001, certificati da Organismi accreditati…”.

Si erano concessi 90 giorni di tempo al Presidente del Consiglio dei Ministri per l’adozione, su proposta del MIT e del MEF, di concerto con il Ministero per la semplificazione della P.A., sentite ANAC e Conferenza Unificata, di un decreto avente ad oggetto la definizione dei requisiti tecnico organizzativi per l’iscrizione all’elenco delle Stazioni Appaltanti qualificate che sarà tenuto da ANAC.

Ad oggi il Presidente del Consiglio dei Ministri non ha ancora adottato il Decreto di cui all’art. 38, comma II e, di conseguenza, ANAC non ha potuto né emettere il provvedimento con cui andrà a stabilire le modalità attuative del sistema di qualificazione (art. 38, comma VI) né instituire l’elenco delle Stazioni Appaltanti qualificate. L’art. 216, comma X stabilisce che nelle more dell’entrata in vigore del sistema di qualificazione i requisiti di qualificazione siano da intendere soddisfatti mediante l’iscrizione all’anagrafe di cui all’art. 33 ter D.L. 179/2012 (cd. AUSA).

Tra i tratti ancora fortemente sfumati di questo quadro uno è chiaro ed evidente: l’interesse sempre più diffuso e rilevante per la prevenzione del rischio di corruzione, quasi fosse il motore della ripartenza. La proposta dello Schema di Decreto Correttivo ne è la prova (!).

Con l’auspicio di un’imminente attuazione dell’anzidetto sistema di qualificazione, si colga intanto il chiaro monito, si “giochi” d’anticipo: si valuterà l’ATTUAZIONE delle misure di prevenzione mappate nel Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione ed anche (!) la PROMOZIONE della legalità … riflettiamo e … procediamo.

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Chiara Morresi

Chiara Morresi

Chiara Morresi, avvocato del Foro di Macerata, consulente in tema di Governance, Risk Management e Compliance, con una spiccata propensione all’interdisciplinarietà. Cura la progettazione, l’implementazione e l’aggiornamento di sistemi di controllo interno in materia di Responsabilità Amministrativa degli Enti, Anticorruzione e Protezione dei dati personali (GDPR). È Professional presso PK Consulting S.r.l. e presso Probitas S.r.l. ed autrice di articoli a commento delle novità introdotte in materia di prevenzione del rischio da reato.

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