Banca d’Italia la crisi climatica e ambientale: le aspettative di vigilanza

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Le indicazioni di Banca d’Italia in merito ai rischi derivanti dalla crisi climatica e ambientale hanno portato alla richiesta di presentazione entro il 31 marzo 2023 di un piano d’azione.

Banca d’Italia si è attivata, richiedendo agli intermediari finanziari l’adozione di un “Piano d’azione”, approvato dai rispettivi Consigli di Amministrazione, con l’obbligo di trasmetterlo alla Banca d’Italia entro il 31 marzo 2023, unitamente ad una valutazione in merito allo stesso da parte dei Collegi Sindacali.

Se le “Aspettative di vigilanza sui rischi climatici e ambientali” di aprile 2022 avevano carattere non vincolante, ora l’approccio di Banca d’Italia evidenzia la necessità di dotarsi di un piano d’azione che preveda interventi strutturali ben definiti. La tendenza è quella di approcciare i rischi derivanti dalla crisi climatica e ambientale, e più in generale gli aspetti ESG, in maniera sempre più simile ad un sistema di gestione.

Entrando nel merito di tali aspettative cercheremo di individuar quali azioni debbano essere attuate dagli intermediari finanziari.

Banca d’Italia riconosce che il rischio ambientale e il rischio climatico possano essere ricondotti ai rischi finanziari tradizionali (di credito, di mercato, operativo e di liquidità) oltre a comportare implicazioni per le banche oltre che per gli intermediari finanziari non bancari sotto la sua diretta vigilanza.

Ad aprile 2022, la Banca d’Italia, in linea con analoghe iniziative della BCE e di altre autorità di vigilanza nazionali, ha presentato le proprie “Aspettative di vigilanza sui rischi climatici e ambientali”. Si trattava di indicazioni definite “non vincolanti”, rivolte agli intermediari bancari e finanziari vigilati. Tali linee guida sono finalizzate a sensibilizzare gli intermediari verso la dovuta considerazione dei rischi climatici ed ambientali in tutte le principali aree aziendali ossia:

  • nei sistemi di governo e controllo;
  • nel modello di business e nella strategia aziendale;
  • nel sistema organizzativo e nei processi operativi;
  • nel sistema di gestione dei rischi;
  • nell’informativa al mercato.

Per appurare il livello di integrazione dei rischi climatici e ambientali nelle aree sopra indicate, Banca d’Italia ha condotto un’indagine su un campione di intermediari finanziari non bancari (86 in tutto) tramite l’invio di un questionario di autovalutazione.

Crisi climatica e ambientale: i risultati dell’indagine

I risultati dell’indagine non hanno soddisfatto le aspettative di Banca d’Italia, rendendo evidente la necessità di una maggiore integrazione del rischio climatico e il rischio ambientale e più in generale delle tematiche ESG nell’operatività aziendale degli intermediari. In modo particolare, ha riscontrato carenze nell’area governance e nei sistemi organizzativi, soprattutto per quanto concerne la competenza e di coinvolgimento sui temi climatici e ambientali.

Sono stati posti sotto osservazione anche il “modello di business e strategia”, valutato carente e privo di una vera e propria adozione di obiettivi misurabili e rendicontabili, ed il “sistema di gestione dei rischi”, limitatamente adeguato su questi temi.

Alla luce di quanto detto, Banca d’Italia è tornata sull’argomento ed ha pubblicato la Comunicazione (Prot. N° 1940148/22 del 28/12/2022) con la quale chiede a tutti gli intermediari di predisporre un “Piano di azione” che:

  • individui gli specifici interventi che si intende porre in essere per colmare le lacune identificate;
  • specifichi le priorità ed i tempi necessari al completamento delle diverse iniziative, in considerazione dell’intensità di esposizione ai rischi ed in funzione della dimensione e della complessità dell’operatività aziendale;
  • tenga conto degli elementi di debolezza e delle esigenze di miglioramento emersi dai questionari di autovalutazione sopra evidenziati.

Il Piano verrà preso in esame nel processo di revisione e valutazione prudenziale (SREP) che la Banca d’Italia svolge annualmente con riguardo a tutti gli intermediari vigilati.

Analizziamo adesso cosa potrebbe contenere il Piano e che tipo di interventi dovrebbe prendere in considerazione.

Nella “Comunicazione del 28/12/2022 e nel documento “Aspettative di vigilanza sui rischi climatici e ambientali”, è indicato che gli interventi dovranno seguire il principio di proporzionalità. Pertanto, sarà necessario effettuare un’attenta analisi del contesto in cui opera l’intermediario, determinato dalla natura dell’attività svolta, le disposizioni legislative e normative applicabili, le dimensioni e la complessità operativa ed organizzativa, al fine di giungere ad una oggettiva valutazione in merito all’esposizione ai rischi climatici ed ambientali.

La formalizzazione dell’esito della valutazione deve consentire la definizione di strategie aziendali con obiettivi misurabili tramite indicatori qualitativi o, meglio ancora, quantitativi, nonché con azioni mirate a mitigare i rischi ambientali e i rischi climatici evidenziati.

Per una corretta definizione ed una efficace attuazione delle strategie aziendali è necessario identificare, anche in modo formale, ruoli e responsabilità in ambito ESG all’interno dell’organo amministrativo e/o dei comitati endoconsiliari ed assicurare un sistema di reporting efficace, sistematico e periodico, basato su dati che forniscano gli elementi necessari a valutare l’esposizione al rischio ambientale e al rischio climatico.

È necessario che gli organi amministrativi abbiamo un ruolo attivo nell’individuare le modifiche da apportare agli assetti organizzativi ed ai processi operativi. In generale le azioni devono riguardare il coinvolgimento delle funzioni aziendali di presidio e di controllo dei rischi ESG e lo sviluppo di competenze diffuse sulla tematica, caratterizzata da una elevata complessità data la continua evoluzione legislativa, normativa e scientifica.

Altrettanto importante è la capacità di comunicare adeguatamente l’integrazione dei rischi climatici e ambientali nel proprio modello strategico e operativo, evitando pratiche scorrette (es. green washing) che, al contrario, scoraggerebbero lo sviluppo della finanza sostenibile e minerebbero la reputazione degli stessi operatori.

In conclusione, il settore finanziario non può considerarsi esente dagli effetti del cambiamento climatico e dalle politiche di decarbonizzazione e deve concorrere agli obiettivi ESG.

I rischi climatici ed ambientali rappresentano per il settore finanziario anche un’opportunità, per contribuire concretamente alla transizione ecologica.

Banca d’Italia ha deciso di accelerare il percorso di transizione ecologica e lo ha dimostrato trasformando delle indicazioni con adesione su base volontaria in un obbligo vero e proprio in capo agli intermediari.

I nuovi rischi, quindi, potranno essere mutati in opportunità per il settore finanziario, purché si predispongano idonei presidi e si sviluppino adeguate prassi per identificarli, misurarli, monitorarli oltre che mitigare i rischi climatici ed ambientali, verso una nuova finanza che contribuisca concretamente alla transizione ecologica.

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Patrizia Calò

Patrizia Calò

Patrizia Calò, laureata in Economia e Commercio, è partner di PK Consulting. E’ consulente e auditor nell’ambito dei Sistemi di Gestione per la Qualità, per l’Ambiente e per la Salute e Sicurezza sul Lavoro. Ricopre il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) in diverse realtà aziendali ed è formatore qualificato in tematiche legate alla sicurezza (D.Lgs 81/08). È esperto 231 e componente OdV.

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