Il tema delle partecipazioni delle PP.AA. in società private è risalente e storicamente complesso.
Ciò nondimeno, l’attenzione, tanto del legislatore, quanto degli organi di controllo (siano essi Autorità indipendenti o giurisdizionali) è relativamente recente. Detta attenzione si è di certo alimentata negli ultimi due lustri, in particolare allorquando i problemi economico/finanziari del Paese si sono manifestati in tutta la loro drammaticità.
E proprio al fine di ridurre la spesa pubblica è stata intrapresa una intensa campagna legislativa volta a ridurre la partecipazione delle PP.AA. in società private, così ottenendosi anche l’obiettivo di favorire il ricorso al mercato per la gestione dei servizi pubblici.
Tuttavia, la Corte costituzionale ha per ben due volte dichiarato illegittimi i tentativi del Governo (sentenze nn. 24/2011 e 199/2012), rafforzando così un fenomeno che in Italia è numericamente imponente.
Un censimento ‘credibile’ risale al 2012, anno in cui il MEF stimava che solo gli enti locali detenessero oltre 35.000 partecipazioni, in via diretta o indiretta, in società private, cui andavano aggiunte quelle delle amministrazioni centrali e degli enti previdenziali.
L’estensione del fenomeno giuridico in parola non è però solamente numerico, ma anche economico: non è un caso infatti che l’attenzione prima richiamata si è ulteriormente acuita per effetto della magistratura (soprattutto contabile) e dell’ANAC, che sta dedicando sempre più spazio alle società partecipate, provando ad adattare la disciplina cd. anticorruzione alle peculiarità (variegate e sempre in evoluzione) delle persone private in controllo pubblico.
Sotto il profilo tecnico-giuridico, il fenomeno in parola è estremamente complesso, in ragione, in primo luogo, della loro ibrida natura giuridica: ci si trova di fronte a persone giuridiche di diritto privato il cui socio (talvolta al 100%) è una P.A., il che provoca un profondo mutamento del regime giuridico proprio della parte privata, la quale si allontana decisamente dal regime tradizionale per assumerne uno simile (e alcune volte identico) a quello del socio pubblico; in secondo luogo, del paradigma normativo di riferimento, sparpagliato e largamente incompleto, oltre che oggetto di continue innovazioni di fatto ad opera della elaborazione giurisprudenziale, prima comunitaria e poi nazionale.
Il quadro brevemente illustrato sembra destinato a migliorare a seguito della entrata in vigore del decreto delegato dalla L. 124/2015, la quale si è proposta proprio di semplificare il paradigma normativo tenendo in debito conto i principi dettati dalla giurisprudenza, ciò dovendo produrre effetti positivi anche in favore della concorrenza, da un lato, e della trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa, dall’altro.
Il D.Lgs. n. 175/2016, approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 10 agosto 2016, è stato pubblicato nella G.U. dell’8/9/2016.
Esso si presenta piuttosto articolato, proponendosi l’ambizioso obiettivo di raggiungere contemporaneamente l’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, la tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonché la razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica (art. 1, co. 2).
I prossimi interventi saranno dedicati ad esplicitare i contenuti del decreto, prendendo le mosse dal chiarire l’ambito soggettivo della sua applicazione, del quale sembrano far parte, benché non completamente, anche le partecipazioni in società quotate.