Xenofobia e razzismo: la continua evoluzione dei reati presupposto 231.
Nel corso degli ultimi anni il novero dei reati presupposto 231 si è ampliato esponenzialmente, dall’introduzione del reato di corruzione tra privati nell’art. 25 ter D.lgs. 231 01 (riformato dal D.lgs. 38/2017), alla recente introduzione ad opera della L. 161/2017 dei reati di trasporto di stranieri irregolari nel territorio dello Stato e di favoreggiamento della permanenza di stranieri irregolari nel territorio dello Stato nell’art. 25 duodecies D.lgs. 231 01, passando attraverso novità anche evidentemente più corpose quali la Riforma dei Reati ambientali (L. 68/2015) che ha interessato il Codice Penale, il Testo Unico Ambientale e, dunque, l’art. 25 undecies D.lgs. 231 01.
La continua evoluzione normativa onera le Imprese che hanno implementato un modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.lgs. 231 01 e gli stessi Organismi di Vigilanza di una particolare attenzione alla rilevazione dell’esigenza di aggiornamento dello stesso oltreché, ancor prima, dell’esigenza di aggiornamento dell’analisi di rischio propedeutica all’implementazione ed attuazione di un idoneo ed adeguato sistema dei controlli interni.
Sulla peculiare esigenza di aggiornamento di analisi di rischio e modello di organizzazione, gestione e controllo torneremo a scrivere molto presto per condividere spunti di riflessione che, si auspica, possano stimolare l’esatta percezione del necessario dinamismo del modello e del connesso sistema dei controlli interni, oggi vogliamo segnalare la particolare vicenda che ha interessato il reato di xenofobia e razzismo.
Pochissimi mesi fa la Legge Europea 2017 ha previsto l’introduzione dell’art. 25 terdecies nel D. Lgs. 231/2001 rubricato Xenofobia e Razzismo elevando a reato presupposto della Responsabilità Amministrativa degli Enti il reato di cui all’articolo 3, comma 3-bis, della legge 13 ottobre 1975, n. 654 con ciò mirando a punire i partecipanti di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, nonché la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, fondati in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra. La disposizione è entrata in vigore il 12 Dicembre 2017; sennonché a seguito dell’emanazione del recentissimo D.lgs. 21/2018 siamo costretti a tornare a parlare del medesimo reato.
Se da un lato l’art. 25 terdecies è stato introdotto al fine di conferire rilevanza 231 al reato di cui all’art. 3, comma 3 bis L. 654/75, dall’altro lato il 6 Aprile 2018 è entrato in vigore il D.lgs. 21/2018 (Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103) che -all’art. 7, comma 1 lett. c)- ha abrogato l’art. 3 L. 654/75, senza, tuttavia, intervenire direttamente sul D.Lgs. 231/2001.
Un’inversione di rotta? Prima facie parrebbe potersi parlare di abrogazione tacita del reato presupposto di cui all’art. 25 terdecies D.lgs. 231/2001, tuttavia non può trascurarsi la contestuale introduzione del reato di Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa nel Codice Penale all’art. 604 bis. Applicando il criterio del rapporto strutturale tra le due norme sembrerebbe, dunque, di poter propendere per un’abrogatio sine abolitione, per quanto il D.Lgs. 231/2001 reclami – comunque – di un ulteriore intervento normativo, ove questa sia la volontà legislativa.
Ebbene riservandoci di tornare sull’argomento con una più attenta analisi normativa, ad oggi rileviamo un evidente difetto di coordinamento tra il D.lgs. 21/2018 e (almeno!) il D.lgs. 231/2001 con riguardo al reato di Xenofobia e razzismo e ciò non può che evidenziare a chiare lettere la rilevanza di un costante monitoraggio della normativa di supporto alla Compliance 231 (e non solo!) anche e soprattutto al fine di una sicura tenuta del sistema dei controlli interni che deve, necessariamente, intercettare e mitigare tutti i rischi da reato astrattamente e concretamente rilevanti.