Il sostegno alla liquidità per imprese e professionisti

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L’Italia è in lockdown da ormai parecchie settimane e ripercorrere questo periodo di incertezza, stupore e inerzia può aiutare a capire su quali basi è nato il cosiddetto Decreto Liquidità, come si inserisce nel contesto attuale e come lo si può collocare nella futura operatività di tutti noi.

Dopo i primi giorni di chiusura delle attività, produttive, commerciali, di servizi, libero professionali, si è iniziato a parlare di crisi di liquidità per imprese e lavoratori autonomi: un grido di allarme anticipato? Un segnale di debolezza atavica del nostro apparato economico acuito dall’emergenza?

In un sistema di interscambio commerciale, come il nostro italiano, dove possiamo considerare il rispetto delle scadenze di pagamento è l’eccezione, la brusca frenata delle vendite e degli incassi, immediati per i pochi fortunati, a scadenza (più o meno) per tutti gli altri, è stata avvertita come una minaccia alla sopravvivenza delle attività stesse.  Non v’è dubbio, quindi, che il grido di allarme fosse preventivo.

L’abbrivio delle attività svolte nei mesi in cui si operava normalmente, ha consentito comunque di far passare un primo periodo a vendite zero o a incassi zero, ma i prossimi mesi, quando non si dovrà riscuotere nulla, quando non si potrà riscuotere perché i clienti/utenti tratterranno denaro per propria riserva, saranno forse più complicati, con l’aggiunta di spese assolutamente necessarie, ma non previste come la quotidiana disinfezione degli ambienti e il consumo di materiali per la tutela delle persone e dei luoghi di lavoro.

La prima chiusura delle attività nella Regione Lombardia risale al 23 febbraio, ed era il seguito di una chiusura che aveva interessato nei giorni precedenti solo alcuni Comuni lombardi, veneti ed emiliani.

Dopo alcune settimane, c’è stato il primo intervento governativo a sostegno della liquidità che risale, infatti, al 17 marzo (Decreto Legge “Cura Italia” n.18/2020). Qui abbiamo notato qualche scricchiolio della procedura tanto che ad oggi quasi nessun lavoratore autonomo ha ricevuto l’indennità di 600 euro prevista in quel decreto, la modulistica bancaria per il rinvio delle rate di mutuo delle famiglie è stata messa a disposizione dalle banche a decorrere dal 30 marzo e cioè in prossimità del fine mese coincidente con la scadenza di molti mutui; il sistema di finanziamento alle imprese non ha avuto attuazione pratica e ogni banca ha iniziato a trattare autonomamente le richieste di prestito avanzate dalle imprese.

Quest’ultimo aspetto è quello che si affronterà in questa sede perché il ritardo con cui il sistema bancario sta reagendo alle indicazioni governative è allarmante. A maggior ragione, poi, se tale ritardo è a sua volta causato dalle ulteriori autorizzazioni che le banche devono ricevere dalle autorità di governo per procedere a dare attuazione alle disposizioni di legge.

In questo contesto si è giunti al Decreto “liquidità” (Decreto Legge 23/2020) dell’8 aprile scorso in cui si è interamente abrogato l’articolo 49 del Decreto “Cura Italia” emanato il 17 marzo riguardante i finanziamenti alle imprese garantiti dal Fondo di Garanzia di cui alla Legge 662/96, riscrivendo completamente la norma, estendendo anche la possibilità di finanziamento per i lavoratori autonomi, il tutto però subordinato alle autorizzazioni della Commissione Europea.
Possiamo dire…ancora tutto fermo!

Le imprese e i lavoratori autonomi potranno avanzare la richiesta di finanziamento alle banche, ma queste non sapranno ancora come operare, istruiranno le pratiche e, ove potranno elargire in assenza delle prescritte autorizzazioni ed indicazioni interbancarie, lo faranno solo in virtù di proprie iniziative autonome di fatto non connesse al Decreto “Liquidità”.

Quando quindi sarà operativo effettivamente il Decreto?

Sono passati quasi due mesi dal primo “lockdown” della Regione Lombardia (qualche settimana in meno per il resto d’Italia), ma in questo periodo, non tutti i costi di gestione si sono arrestati con la chiusura delle attività: si pensi ai canoni di affitto, ai canoni di leasing o di noleggio delle attrezzature, ai costi del lavoro sostenuti nel mese di marzo per attività svolte fino a febbraio, alle manutenzioni indifferibili, alle spese bancarie, alle utenze. E proseguono tuttora.

In merito agli affitti al momento è previsto solo la possibilità per chi esercita attività di commercio o artigianale di beneficiare di un credito d’imposta del 60% dell’importo pagato per gli affitti del proprio negozio con categoria catastale C/1.

Ecco a cosa serve ora e subito quindi la liquidità:

  • A pagare i fornitori arretrati
  • A sostenere i costi che proseguono nonostante il lockdown

Il tutto in totale assenza di nuove entrate per non bloccare del tutto il sistema economico il cui indebolimento è evidente ed è il prezzo da pagare per quanto sta accadendo.

Il sostegno alla liquidità appare necessario.

Il dubbio se sia corretta la formula del “finanziamento” (inteso come prestito da restituire) o se invece fosse preferibile la formula del finanziamento a fondo perduto, è lecito. Ovviamente il sostegno a fondo perduto avrebbe favorito quanto prima la ripresa economica, ma appare irrealizzabile nell’ambito dell’attuale situazione del bilancio dello Stato già così fortemente indebitato.
Ci sono però azioni che le aziende possono fare a livello strategico, finanziario e di execution, di cui parleremo in maniera più specifica ed approfondita durante 2 edizioni del webinar “#RIPARTENZA” (clicca qui per iscriverti ad una delle sessioni).

Per meglio capire il Decreto Legge “Liquidità” si devono analizzare gli strumenti di finanziamento messi in campo dal Governo: rileviamo sostanzialmente due fronti di azione che passano per gli attori che forniranno le garanzie: il Fondo di Garanzia ex Legge 662/96 (Fondo di garanzia per le PMI) e la SACE (società per azioni del gruppo italiano Cassa Depositi e Prestiti, specializzata nel settore assicurativo-finanziario).

La prima si rivolge essenzialmente alle micro, piccole e medie imprese (PMI) e ai lavoratori autonomi, la seconda si rivolge prevalentemente alle grandi imprese, ma anche alle PMI dopo che queste abbiano esaurito il proprio accesso al Fondo della legge 662/96.

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Donato Foresta

Donato Foresta

Master in Business Administration presso la SDA Bocconi di Milano. Fiscalista d’impresa e consulente d’azienda per tax planning, controllo di gestione e supporto finanziario. Esperto nella redazione di business plan, perizie di stima del patrimonio aziendale e nella predisposizione di due diligence e lettere d’intenti per operazioni straordinarie (cessioni, fusioni, affitto d’azienda, trasformazioni societarie…), è specializzato nella fiscalità dello sport. Docente della Scuola Regionale dello Sport del CONI Lombardia, della 24 Business School de Il Sole 24 Ore, dell’Università degli studi Bicocca di Milano nel Master in diritto sportivo e Rapporti di Lavoro nello Sport.

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